Generazione EX

La mia generazione, cioè gli attuali trentenni che negli anni 90 sono stati adolescenti, viene etichettata come Generazione X, ovvero una “generazione invisibile”, piccola, priva di un’identità sociale definita. Uno schifo, in una sola parola. Oggi, a trent’anni compiuti, guardo i miei stessi coetanei e guardo dove siamo arrivati e mi arrogo il diritto di ri-etichettarci “Generazione Ex”.

Questo è il risultato di una veloce riflessione iniziate in fretta e finita in furia, che mi ha tenuta occupata lungo il mio percorso quotidiano in metropolitana di ben 5 fermate: 7 minuti esatti.

Sono le 9 del mattino di lunedì e inizio a pensare, non so perché, a quante volte negli ultimi anni mi è capito di dire molto più una frase del tipo “ah, in quel posto li c’andavo sempre con il mio ex!” invece di dire “ah, in quel posto li ci vado sempre con il mio ragazzo!”. Voglio dire, quando conti le volte che parli di Ex e quante di fidanzati attuali e scopri che per contare i primi ti servono almeno altre 4 mani mentre per contare gli altri ti basterebbe pure una mano monca, beh, in quei casi le cose si mettono male e non puoi non fare una riflessione e aggiungere a quella sfilza di definizioni negative date alla Generazione X, un’altra manciata di attributi scomodi. Insomma a 15 anni eravamo solo X, a trenta abbiamo guadagnato una E che sta per Estranei, Egocentrici, Esigenti, una E che segna i confini di una generazione invisibile ai legami, piccola, priva di un’identità coniugale definita. Uno schifo, in una sola parola.

In quel periodo non ero in grado di capire che gran parte dell’età adulta consiste nel sapersi riconciliare con l’imbarazzo e la sostanziale estraneità delle proprie emozioni. Douglas Coupland

Da leggere ascoltando i Nirvana – Smell like a teen spirits